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Bla Bla Travel n.1 - Il cammino di Santiago in bicicletta

Updated: Jun 25, 2020

BlaBla Travel è uno spazio interamente dedicato alle storie di viaggi. In questo primo episodio abbiamo parlato di slow tourism et cicloturismo attraverso al racconto di mio cugino Edoardo Tarditi che ha percorso il Cammino di Santiago in bicicletta!


Potrete trovare di seguito il video della sua intervista e la trascrizione delle risposte. Spero che possa esservi d'aiuto se avete l'idea di fare questo tipo di viaggio! Se necessitate di maggiori informazioni non esitate a contattarmi.




Perché il titolo del format è proprio “Bla Bla Travel”?

Ho scelto questo nome perché, come forse qualcuno ha già capito (ride), mi piacciono le storie di viaggi. Mi piace sentirle raccontare, mi piace quando qualcuno ha voglia di partire e scoprire. Credo che attraverso questo format posso dare l'opportunità alle persone che mi seguono di chiedere ed avere dei consigli perché è diverso averli da qualcuno che conosci o che segui quotidianamente che andare a leggere guide su internet dove tutto risulta più oggettivo. Così Bla Bla Travel vuole essere uno spazio interamente dedicato a storie di viaggi e sono contentissima di avere Edoardo, mio cugino, come primo ospite. È uno spirito avventuroso, con un indole un po' spartana e so che per lui il viaggio è scoperta, è mettersi in gioco, conoscere nuove persone, è uscire dalla propria “comfort zone”.


Ma ora procediamo e raccontiamo il tuo cammino verso Santiago. Perché hai scelto di fare questo viaggio?

Principalmente perché il cammino di Santiago rappresenta un viaggio introspettivo e in più un aspetto importante è stato quello di percorrerlo in bicicletta: il “cycle tourism” rientra nell'aspetto dello slow tourism, che ha come obiettivo il non imporre al viaggio un tempo, ma dedicarsi totalmente alla scoperta senza imporsi dei limiti.

Raccontaci quindi come avete organizzato il viaggio.

L'idea è nata in modo molto semplice, abbiamo tirato giù una lista di punti di fronte ad una birra con un gruppo ormai consolidato di amici. Durante il viaggio ci chiamavamo “Los companeros”. Ho potuto chiedere consigli a mio papà che l’aveva già percorso, a piedi però e partendo da metà del cammino francese (i cammini principali sono 3: quello francese, quello portoghese e quello del nord che arriva poi a Santiago). Qualche informazione l'abbiamo avuta anche da un signore di Trinità, che aveva fatto il cammino in bici. Ovviamente il fatto di farlo a piedi e in bici cambia molti aspetti di questa esperienza, sono due stili differenti: in bici vedi le cose di sfuggita, a piedi hai la possibilità di socializzare di più, di goderti di più il momento. Infine abbiamo abbiamo fatto tesoro di alcuni consigli tramite la lettura di un libro, soprattutto per le tappe, dato che avevamo a disposizione circa 9/10 giorni e volevamo capire bene come organizzarci; sarebbero stati all'incirca 90 km al giorno.

Conosci altri cammini su questo stile?

Si, in Italia c’è la Via Francigena. Sono entrambi cammini spirituali e di avventura. La Via Francigena è molto bella, lungo il percorso incontri paesi fantastici ma l’organizzazione è purtroppo ancora troppo blanda. Il cammino di Santiago è molto più organizzato, forse anche perché più antico.

Si, infatti informandomi un pochino a riguardo prima della diretta ho scoperto che è diventato un itinerario culturale europeo verso il 1987. È quindi una riscoperta moderna di un cammino millenario, era una via percorsa da migliaia di pellegrini, ma che ha conosciuto un boom di tipo turistico anche in chiave moderna.
Quanti km avete fatto e dove dormivate?

Dopo 900km e nove giorni effettivi di pedalata su strada sterrata, siamo arrivati Santiago di Compostela. Per quanto riguarda l'organizzazione, si dorme dove si trova, anche in un convento di suore ad esempio. Abbiamo trovato posti super accoglienti nei rifugi, dove c'è sempre uno spazio di condivisione come negli ostelli, un punto di incontro in cui si socializza. L'unica nota negativa è la gente che russa nelle camerate (ride).

Avevate come una specie di obiettivo della giornata?

Assolutamente si: si partiva al mattino presto e si pensava già all'abbuffata che ci aspettava. Di solito, con 10€ mangiavamo molto e bevevamo tanta sangria, era il classico 'Menù del pellegrino'. L'idea del viaggio infatti era quella di portare con noi uno spirito di festa, non solo il pensiero del pedalare. Dopo aver fatto una salita tosta, arrivati in cima, pranzavamo e ci rilassavamo.

Ricordi un incontro particolare che ti ha colpito?

Un giorno, arrivati in cima, vedo in lontananza una persona in bici che traina qualcosa: era un ragazzo che trainava un carretto con dentro i suoi bambini piccoli. Stava facendo il cammino con loro nel carretto, 200 km! Ci spiegò che ci teneva a far entrare nell'ottica di un viaggio del genere i propri figli. Un altro incontro particolare è stato questo signore svizzero che voleva sia andare che tornare, facendo un cammino praticamente doppio. È insolito.

I genitori influenzano molto i propri figli. Oltre all’educazione e ai valori, forse ti passano anche un modo di viaggiare, come per te forse ha fatto zio Sergio. Ti danno un input alla base.

Si assolutamente, papà mi ha sempre spinto molto all’avventura.

Qual è stato per te il momento più difficile?

Ma, in realtà non ci sono stati molti momenti di difficoltà. Eravamo un bel gruppo unito. Al di là di forature varie durante il tragitto, si collaborava bene. Il primo giorno ci aspettava la tappa più dura perché per arrivare a Pamplona bisogna attraversare i Pirenei: era l’8 agosto 2015, ed eravamo a Saint Jean, sul punto più alto dei Pirenei e faceva molto freddo. Era una giornata brutta, pioveva, e quindi abbiamo pensato di ripararci in un edificio abbandonato e ricordo che in quel momento ci siamo guardati e tutti abbiamo pensato “Ma cosa stiamo facendo?” (ride). Per fortuna però avevamo sempre un po' di provviste in vista di momenti come questi. Un'altra giornata dura è stata sicuramente quella nel deserto della Meseta: si percorre una lunga strada sterrata in mezzo alle colline, uno dei punti più belli perché si trova nella prima metà del cammino, una zona ancora poco trafficata. Respiri il fatto di essere lontano dalla folla. Lo svantaggio fu che c'era molta aria e il vento ci andava contro, per questo proseguivamo uno dietro l'altro, a trenino.

È possibile renderlo un cammino introspettivo quando si è da soli. L’essere in gruppo vi ha tolto questo aspetto?

Se si è da soli si è costretti alla riflessione. Uno si pone mille domande. Ma siamo riusciti a vivere questo aspetto anche se in gruppo. Dovendo muoverci in bici ognuno poteva fare le proprie riflessioni durante il viaggio. Quindi sono dell'idea che se uno vuole fare un viaggio introspettivo, lo può fare anche se è in gruppo.

Chiunque può fare il Cammino di Santiago? O c'è bisogno di un programma di allenamento prima?

Il motto di Marcolino, uno de Los companeros, era “Es todo questione de cabeza”, ogni tanto lo sentivamo urlare “cabezaaaa” per infonderci un po' di forza. Diciamo che eravamo tutte persone abbastanza allenate e sportive, quindi mi sento di dire che più uno è allenato meglio è insomma. Non è un requisito fondamentale, lo è piuttosto la forza del gruppo, quella ti fa sorpassare le sofferenze. È la testa che comanda in questa situazione, la determinazione. Uno che non ha mai fatto nulla, non può pretendere di non fare fatica, non sono tanto le gambe… Bisogna stringere i denti: se ti poni un obiettivo, in un modo o nell'altro, lo raggiungi. Il pranzo e la siesta erano l'obiettivo della giornata, e questo era lo spirito che ci ha guidati lungo il cammino.

Si dice che spesso nel viaggio quello che conta di più è il cammino, non la meta.

È molto vero in questo caso. La meta è Santiago, è stata bella, ma le emozioni più grosse le abbiamo vissute durante il cammino. Le mia critica è forse che questi luoghi sono troppo strumentalizzati: quando arrivi sulla piazza principale vieni assalito da gente che vuole portarti a pranzo. Passare dai Pirenei a Santiago è un forte contrasto.

Edo mostra le foto del cammino: ha un piccolo spazio in casa dedicato al cammino dove c'è anche un diario di bordo nel quale scriveva pensieri a fine giornata.

Che cosa contenevano i vostri zaini?

L’essenziale. Il pantalone da bici è la cosa fondamentale, ne avevamo due paia a testa quindi la sera dovevamo fare il bucato per l'indomani, sperando asciugasse tutto in tempo. Poi con noi avevamo copertoni, camere d'aria, strumenti per la catena e per la manutenzione della bici; oltre ovviamente ai cambi d’abbigliamento.

Quando siete tornati come vi sentivate? Avevate i postumi della fatica fisica fatta?

No, direi che nessuno di noi ha avuto postumi al ritorno. Eravamo a spirito leggero.

Vorresti dare alcuni consigli a chi vorrebbe intraprendere questo viaggio? Ad esempio, perché fare un viaggio di questo genere?

Il cammino come viaggio in generale, e in particolare Santiago, permette di staccarti dal mondo, dal caos, dallo stress e da tutta la gabbia che il mondo ci impone ogni giorno. Ci dimentichiamo che ci sono posti in cui non è così. Ci sono molti momenti di riflessione personale, momenti di libertà, di avventura ed esplorazione. Lo spirito dev'essere “Andiamo, poi vediamo”.


Progetti futuri? Hai in mente prossimi viaggi in bici?

Assolutamente si. In zona, la grande sfida sarebbe la traversata delle Alpi che ti porta fino a Venezia. In un mese e mezzo, a piedi però. Con la bici ho parecchi progetti in mente: sono stato in Islanda tre anni fa, e mi piacerebbe molto fare in bici qualcosa lì, ma sarebbe molto dura a causa del forte vento e della pioggia, le difficoltà sarebbero tante. Poi c'è l’Asia: due amici hanno fatto il loro viaggio di nozze in una regione del Kashmir ed hanno attraversato il passo più alto al mondo, arriva a più di 5000 metri di altezza! Mi piacerebbe molto il Tagikistan, nell’Asia centrale, ma è un viaggio da pianificare bene.

Riferimento al documentario su Netflix Pedal the World e ad un amico di Edoardo che sta facendo il giro del mondo in bici, Marco Demo, è ed attualmente bloccato in Laos.

Recentemente ho scoperto che nelle Fiandre ci sono parecchi itinerari che intrecciano gastronomia e ciclismo.

Si, le Fiandre sono un must della cultura ciclistica: è uno dei paesi più all'avanguardia, ad esempio c'è un giro delle Fiandre, classico amatoriale, da fare in giornata perché è di circa 250 km. Ci sono luoghi meravigliosi, ed è molto caratteristica come meta. Mi è stato proposto anche da amici, è sicuramente da tenere in conto. È fantastica l'idea di combinare itinerari ciclistici a dei bistrot, tu progetta noi faremo.

[Un grazie speciale a Noemi Amoruso per la trascrizione dell'intervista e ovviamente a Edo per aver accettato di partecipare!]



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